Va
a vivere a Montparnasse
che, in quegli anni, diventa il quartiere degli artisti non
solo pittori, ma anche di scrittori come Hemingway e Miller,
intellettuali come Jarry e Cocteau, rifugiati politici come
Lenin e Trockij.
I luoghi di incontro sono le trattorie a buon mercato e le
bettole-cantine in cui si tira tardi parlando di arte e
politica, e non di rado le discussioni terminano in risse.
Le condizioni di vita sono per tutti assai misere, ma è il
fuoco sacro dell’arte, la consapevolezza che le loro opere
stanno cambiando per sempre i canoni estetici a dare la
forza a Modigliani e compagni di andare avanti.
Se l’Impressionismo, pur avendo apportato una rivoluzione
nel modo di dipingere, non usciva in fondo dai canoni del
naturalismo, con i lavori di Modigliani, di Soutine, di
Utrillo l’arte diventa autonoma dal soggetto ritratto e
dalle tradizioni culturali e artistiche dei paesi di
provenienza dei singoli artisti, generando la prima vera
rivoluzione nel mondo dell’arte e il ribaltamento dei canoni
sino ad allora conosciuti.
È in questo contesto, che di lì a poco verrà definito
bohémien, che questi spiriti tormentati si esprimono in
una pittura che si nutre di disperazione. In definitiva, la
loro arte non è polacca, bulgara, russa, italiana o
francese, ma assolutamente originale. È a Parigi che tutti
hanno trovato i mezzi espressivi che meglio traducevano la
visione, la sensualità e i sogni propri a ciascuno di loro.
E ancora, parole di Restellini: “Quegli anni corrispondono a
un periodo d’emancipazione e di fermento che ha pochi eguali
nella storia dell’arte”. Ovunque in Europa era in corso una
rivoluzione estetica, preludio a un’evoluzione dei costumi;
ed è a Parigi, l’unico luogo al mondo in cui la rivolta ha
il diritto di cittadinanza, prima a Montmartre e poi a
Montparnasse, che quegli artisti, tutti ebrei, si sono
ritrovati per tentare la sorte.
Ed ebreo era anche Jonas Netter, una figura importantissima
per gli artisti in rassegna, senza il quale molti tra loro
non avrebbero avuto di che vivere e sostentarsi. II percorso
espositivo mette a confronto i capolavori acquistati
nell’arco della sua vita dal collezionista mecenate che,
affascinato dall’arte e dalla pittura, diventa un amateur
illuminato e acuto riconoscitore di talenti, grazie
all’incontro col mercante d’arte e poeta polacco Léopold
Zborowski, anch’egli ebreo.
Una mostra da non perdere, con un percorso che, attraverso
sale dedicate singolarmente ad ogni pittore presente,
organicamente offre al visitatore il periodo in cui i
maestri operarono, impreziosita da un compendioso quanto
didattico catalogo edito da 24 Ore Cultura.
Guerrino Mattei
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