Nato ad Acireale di Catania, in quella Trinacria scolpita in
un magnifico anello che indossava sull’anulare della mano
sinistra come un atto di fedeltà assoluta alla sua Sicilia,
venne a Roma per insegnare educazione fisica nei licei, per
essere istruttore nelle piscine del Coni e per animare negli
anni Sessanta via Margutta e via del Babuino insieme agli
altri “siciliani” che, sull’esempio di Renato Guttuso,
lavoravano nella capitale improntando artisticamente quegli
anni.
Lui rimase fedele alla tradizione. Continuò ad essere un
figurativo che travagliava con il colore la figura,
rivisitando tutte le esperienze novecentiste con un tocco ed
una timbrica personalissimi, dando al colore voce e grido in
un processo dialogico tra forma e astrattismo.
Alcune sue opere, come “La nascita dell’uomo”, “Leda e il
cigno”, “La rosa nera” e tante altre, comprese quelle del
ciclo ”Le ciminiere” ispirato all’agglomerato industriale
catanese recuperato come archeologia, lo porteranno ad
avere una visione della realtà sempre trascrivibile,
visibilmente connotabile.
Il Maestro, senza alzare mai la matita dal foglio, senza
interrompere il tratto, riusciva a dinamicizzare l’immagine
suggerita dagli occhi alla mano con un unico passaggio,
eludendo intermediazioni manieristiche o razionalismi
meditati. Una limpidezza di tratto e una divisione dello
spazio affrontati privi d’indugi, che in pochi minuti
consegnavano al riguardante il racconto, la visione
preesistente completamente rinnovata, come
soltanto i grandi del Rinascimento sapevano fare.
La grande mostra del 1982 alla galleria “Il Babuino” diretta
da Franco Incitti, sorprese la critica romana di allora. Lo
stesso Costanzo Costantini e lo scrivente, che lo
presentarono in catalogo, si trovarono spiazzati davanti a
dei lavori che andavano “controcorrente” per quel periodo,
nel quale ogni piccola insorgenza artistica doveva per forza
essere legata alla Pop-Art.
Ricordo che parlando di come si poteva essere fuori strada
rispetto al momento storico-artistico che si viveva, rispose
quello che poi ci avrebbe ripetuto per tutta la vita: “Sono
il più grande artista fra i più grandi artisti
sconosciuti!”.
Quella rassegna ebbe un gran successo di pubblico, ma la
critica ufficiale del momento, quella legata alle correnti o
facente parte delle conventicole politicizzate non lo curò
molto. Lo stesso Bonito Oliva, con il quale si dava
amichevolmente del tu, non prestò orecchio a quanto invece
doveva essere attentamente ascoltato.
Se il tempo con la vita di ognuno è tiranno, la storia
all’arte rende sempre giustizia. Del Maestro Enzo Di Nicolò
le opere rimangono e ora andranno in giro per il mondo al
posto suo.
Guerrino Mattei
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