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diretto da Guerrino Mattei

  

 

 eventi 

 

 PER SCONFIGGERE LA "NOIA" ALL' ITALIANA 

Burraco, moda dalle mani macchiate

Gioco che non esclude nessuno

 

Burraco "pulito", punti 200          Una bottiglia di barbera, un paio di scarpette  da tennis e quattro bocce in borsa sono questi gli attrezzi che servono per  misurasi  giocando con i propri amici. Qualche sfottimento e un buon bicchiere al termine di ogni partita mette allegria e fa buon sangue. E non sono soltanto pensionati che entrano in campo, ma ragazze, donne e anche qualche reverendo ansioso di comunicare  con gli altri, portando, perché no, la buona novella a coloro che spesso, proprio per l’aggressività del gioco, ammanniscono a fior di labbra santi e madonne.

         Tutte le mode sono mode. Ma cosa  certa è che vivere all’aria aperta a contatto con la natura, mentre sulla testa stormiscono foglie di populus alba varietà nigra o pampini di uva a tendone, è sicuramente salute senza la nocività del fumo che aleggia  cercando sfogo nel libero cielo. Nel Sud, cioè a Roma, città ove tutto inneggia al fatuo e alle antiche vestigia, nei salotti bene si gioca a Burraco. Al tavolo siedono scrittori, nobildonne, ingegneri, mignotte, commercianti, militari, banchieri e bancari: insomma tutti, purché malati di cartismo. In genere giocano le signore con un ricco assegno divorzile e gli uomini con conti in banca e barche alla fonda che accentuano il prestigio, nelle cui sentine l’acqua è putrida come le apparenze che ostentano. Si gioca dalla sera sin dopo il tocco, cioè mezzanotte passata, fra un complimento e un altro che gli avventori rivolgono al padrone di casa elogiando  la bellezza dei mobili e l’accuratezza dell'accoglienza, timorosi di offendere i preziosi tappeti che in mancanza di umanità riscaldano l’ambiente.

         Dire che il gioco è stupido sarebbe riduttivo e offenderebbe tutti coloro che lo praticano in maniera più o meno decoubertiniana con la voglia di vincere  un euro. Per soldi? No, per passione! Si parla di “pinelle”, di “jolly”, di “mazzetti” e soprattutto di regole con una severità che stizzirebbe anche la migliore corte giudicante. Fortunatamente non si suda e le mani mollicce dei giocatori non lasciano impronte oleose sulle carte francesi. In alcuni tavoli si procede in silenzio, in altri si parla piano e in alcuni si smadonna come se il fair play fosse d’obbligo soltanto in pubblico per salvare la faccia. Il censo? Vanno tutti bene purché soddisfino la libidine del gioco e con puntualità si presentino al tavolo verde  compunti e con il trucco le signore, simili a facciate di cattedrali antiche da poco restaurate. Decadenza? Macché!  Se si avesse il senso del pudore si capirebbe che in una fascia d’età in cui si può essere ancora utili, senza troppi rimestii ghiandolari,  si potrebbero frequentare gli ospedali, gli orfanatrofi e fare opere buone. Attenzione! Tutti hanno un bambino adottato a distanza e quelli che sfoggiano la servitù  si fregiano del giglio del benefattore in quanto fanno lavorare le persone:  filippini, africani ed extra comunitari  sottopagati.

         I giocatori sono compassati in attesa del break per le tartine o due Pinelle dolcetti che interrompano la tensione. Nei loro volti c’è la paura non tanto della sconfitta ma del tempo che ormai ha segnato inesorabilmente la loro vita in declino senza più appetiti o voglie  dalle facili concessioni. Una moda dalle mani macchiate a cui non bastano le creme per togliere la fatiscenza  e l’invecchiamento irreversibili a cui  tutti vanno incontro. Spesso sono mani rugose, flaccide, dalla pelle di tartaruga che  stringono le carte con malvagità, come se la partita con la vita continuasse ancora. Quante delusioni   in quei tagli d’occhi dall’antico splendore o in quei  telefonini sui quali in modo schizofrenico si cerca la giustificazione ad una solitudine divenuta imperante, prepotente come l’arroganza che l’ ha nutrita. Amano tanto i figli…, quando invece l’egoismo e la mancanza di amore, quest'ultimo  improntato alla carità cristiana, hanno fatto naufragare  ciò che credevano  dovuto a loro per status. Al fallimento del matrimonio la maggior parte adduce le scuse più banali che subito affogano  in un bicchiere d’alcool trangugiato  o in sigarette fumate con il bocchino lungo per rendere l’agonia  più distante.

         E’ inutile dire come funziona il gioco, ma la stessa parola Burraco non si ammanta certamente di aristocraticità facendo pensare, e forse sarebbe necessario, che il tutto venisse condizionato ai dettami di "Ultimo tango a Parigi", ove il burro era necessario per un buon fine. Ma può darsi che fare l’amore liberando ogni  istintiva intimità sia passato di moda? Che essere normali sia un difetto? Bah! Meglio non pensarci, tanto ognuno va per la sua strada senza resipiscenza, carico del suo odio per il mondo e pieno di livore per le cose andate bene agli altri. Una scala in sequenza  con un due (pinella) a chiusura dopo sei carte è un “burraco sporco”, mentre con un due che viene dopo il tre dello stesso seme è un “burraco pulito”.  Ai due eventi si attribuisce un punteggio diverso che differenzia anche le ambizioni di vittoria. E così via fino alla mattina, con l’augurio che nessuno manchi per il giorno dopo in un’altra dimora, nella quale si ripete la fiera dell’effimero a discapito  dell’intelligenza.

              Gioco a Burraco anch’io ed anch’ io ho le mani macchiate sulle quali nessuna crema compie il miracolo, ma ho la certezza che praticare le bocce sia meglio, sia più vivo, più da figlio della terra a contatto con esseri veri, con il  sudore che esclude ogni profumo artificioso. Chi ha provato ad abbracciare una partener dopo la sospirata vittoria e dopo che questa, più o meno allusivamente, ha retto in mano per delle ore unJolly paio di palle da gioco sente la gioia del contatto, l’odore vero della cute, il sudore della vittoria e l’abbandono ad un’ amicizia che si fa carne e  non s’intristisce nell’attesa di un due  che non viene  o di una carta che ti preclude la chiusura. A volte penso che fuori c’è il sole e son spuntate le viole, per dirla con il poeta, ma mi consola di più il pensiero di Paul Valery: “Quando s’alza il vento dell’amore abbiamo tutti il diritto di ricominciare a vivere e sperare!”. Chissà che questo gioco dal nome negletto non sia per alcuni l’olio santo che lenisce la morte? Quando posso raccolgo ancora viole con il vento dell’amore: io  esorcizzo la vecchiaia così!

 

Guerrino Mattei