Speciale la trippa alla contadina, spesso il cavallo di
battaglia della giorno, come pure i contorni con pomodoretti
fatti in padella conditi con aglio, origano e maggiorana.
Inoltre il pesce cucinato in tutte le salse è
prevalentemente di giornata. Il congelato si offre su
richiesta e viene debitamente segnalato nel nenù.
Si gusta un salmone arrosto guarnito con
uno spicchio di pomodoro e alcune olive adagiate su una
foglia d’insalata raccolta a conchiglia che fanno percepire
il profumo del mare.
Le seppie ripiene e gamberetti sgusciati costituiscono un
antipasto eccellente con pepata di cozze ed altri mitili che
aizzano appetito e desiderio nella stessa misura, tanto sono
ben presentati.
Alcune pietanze gareggiano per compositività con le opere di
Joan Mirò, maestro nel raffigurare la fantasia sulla tela.
La cantina ha vini delle migliori case nazionali ed estere.
Prevalentemente fra quelli marchigiani domina il Verdicchio
i cui vigneti coronano le colline jesine.
Tavola imbandita con raffinatezza e come cielo volte antiche
danno al commensale un senso di calda accoglienza,
un’ospitalità che non tradisce le migliori aspettative.
Luca e Annalisa sono visibili soltanto quando sgusciano
dalla cucina, che conducono personalmente, per avventurarsi
fra i tavoli quasi inosservati, per vedere se tutto funziona
e se il cliente appare soddisfatto di ciò che ha ordinato.
Sono due giovani a cavallo dei primi “anta”, fieri della
loro professione e di quanto la famiglia da oltre sette
generazioni nel territorio gli ha tramandato con ricette
popolari e tanta affabilità nell’accogliere l’astante. Il
loro ristorante diviene quasi una sala incontro, un luogo
culturale ove scambiarsi opinioni fra commensali sia di
politica che di sport.
Su un piccolo tavolo rotondo, distrattamente poggiati, non
mancano mai i quotidiani locali e alcuni d’interesse
nazionale.
L’aria che vi si respira è sempre quella delle grandi
occasioni per cordialità e servizio prestato.
Siamo nella terra che ha dato i natali a Federico II. Il
grande imperatore svevo vi nacque il 26 dicembre del 1194,
quasi per caso in quanto la madre Costanza d’Altavilla
incinta vi si fermò per sgravare: vi transitava con tutto
il seguito per raggiungere la Puglia.
L’insegna Chichibio non sappiamo perché il ristorante la
porti e neppure ci interessa domandarlo. Ci piace però
pensare che qui, non secondo la novella del Boccaccia, la
gru abbia sempre due gambe ben visibili, sia da viva che da
cotta.
Raccogliendo la morale, non quella furbesca della favola, si
può dire che al ristorante Chichibio di Lucanna ciò che
viene a tavola è tutto genuino e non ha bisogno di
inopportuni magheggi per essere buono ed
appetibile.
Una piccola tensostruttura permette durante la stagione
buona di mettere alcuni tavoli all’aperto, protetti da un
muretto di recinzione e piante che lo adornano.
Qui ogni cosa si gusta oltre al ristoro del corpo anche per
la gioia dell’anima.
Guerrino Mattei
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