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diretto
da Guerrino Mattei
arte
ACI CATENA (CT) - ARTISTI
E ARTIGIANI A PALAZZO RIGGIO
Il
cav. Pippo Contarino, Efesto siciliano, apre la
sua fucina di Pozzillo
Ultimo cantore
innamorato dell'arte del ferro battuto
Il
maestro acese passa il testimone della continuità
nelle sapienti mani del figlio Davide
Due generazioni a confronto
Idee condivise e portate a termine insieme
Rassegna dal 15 al 27
aprile 2014
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La rassegna di arte e artigianato, promossa dal Comune
di Aci Catena in provincia di Catania, ha dato modo di
incontrare lo scultore del ferro Pippo Contarino,
conosciuto in tutta Europa per le sue performance in
piazza, munito di scalpello e mazza, strumenti per
tagliare, per battere e lavorare il ferro. Altri
utensili (smerigliatrice, troncatrice, saldatrice, ecc.)
nei concorsi non sono ammessi: materia prima e forgia le
forniscono gli organizzatori sul posto.
Cappello a falda, portamento regale e una fluente barba
cacio e pepe, con l’acutezza che due occhi azzurri sanno
approntare insieme all’intelligenza, ci avvicina sul
portone d'ingresso e, intuito che siamo “furasteri”, ci
invita a visitare la 5/a “Manifestazione artistica -
Artigianale - Pittori - Scultori - Dolciumi e
Cartapesta” da lui organizzata al restaurato Palazzo
Riggio della città dal 15 al 27 aprile 2014.
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Info:
Cav. Pippo Contarino
Acireale (CT) - Sicily Italy
Atelier-laboratorio
Via Rinazzi, 5 - 95020 Pozzillo
Telef/ fax: 095.7641540 -
Cell: 336.881763
E-mal: info@labottegadelferro.it
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In
rassegna moltissime opere di artisti e artigiani siciliani
locali, la cui espressività maggiormente è figurativa,
rivolta a quel paesaggismo lussureggiante che la terra
dei ciclopi offre. Qualche pittore si è spinto verso un
concettuale percepito ma non del tutto processato, ove manca
la lezione moderna di artisti d’oltreoceano.
Nella prima sala troneggiano sculture in ferro ed in altri
materiali che esprimono ingegno artigianale nella
realizzazione e nella completezza formale delle idee che le
vivificano.
Il cav. Contarino, titolo che gli deriva dal lavoro e non
certo da altri aggiustamenti politico-sociali, ha diverse
opere esposte e tutte di notevole valore artistico. Una sua
scultura vagheggia l’Araba Fenice, uccello mitologico che
risorgeva dalla proprie ceneri, pensata e realizzata in
maniera eccellente, con ali che vibrano ad un semplice tocco
delle dita, biglietto di visita che lo caratterizza.
Un breve scambio di convenevoli e l’accordo di incontrarci
nell’atelier-laboratorio a Pozzillo, vicino ad Acireale in
cui abita, con alle spalle l’Etna e prospiciente il mare, il
tutto immerso in un silenzio epifanico, giusto per pensare e
produrre.
Siamo nell' "antro" di Vulcano, anzi nell’ officina di
Efesto (il maestro ama identificarsi con questo dio greco,
fabbro ed abitatore della Trinacria). L’accoglienza sua e
del figlio Davide è più calda della forgia che scoppietta
arroventando ferro e facendo sfavillare carbone. Entrambi
presentano ed illustrano le loro creazioni, nelle quali il
passaggio del testimone ancora non si percepisce
in quanto padre e figlio lavorano insieme come se fossero
una sola mente e un solo artista. Le idee le condividono e
le portano a termine comparando l’esperienza dell’uno, dopo
oltre 50 anni di professione fabbro d’arte, e dell’altro non
ancora quarantenne che sa cogliere e motivare tutte le
istanze che la modernità offre, manipolandole con la
padronanza della materia e con il gusto per il bello,
mediando elaborazione e originalità.
Due generazioni a confronto che si integrano e sviluppano
l’opera a due mani come una suonata di pianoforte. Il tavolo
in ferro che Pippo monta per noi, non ancora ultimato, è
l’espressione di una ricerca difficile, con sedie comode e
funzionali; mentre il pesce in lamiera e ferro battuto,
sorretto verticalmente da un piedistallo a forma di amo,
privo di carne, a due teste contrapposte creato da Davide,
con lische che dovrebbero reggere bottiglie di vino
coricate, sono la modernità che avanza, che arreda e serve
il fruitore.
Padre e figlio nel realizzare oggetti ed opere che ornano
interni di edifici conservano ancora quella parte di liberty
che tanta gloria ha dato al ferro battuto e tanta luce ha
raccolto attraverso lampadari “fogliati” che i Contarino
installano ovunque un’ambientazione signorile lo richieda.
Nell’officina-laboratorio un’infinità di strumenti, per lo
più manuali. Ogni cosa realizzata (inferriate, ringhiere,
cancelli, portoni, balconate, serre, monumenti ecc.) è
tenuta insieme da perni ribattuti che escludono
saldature non rigorosamente necessarie, dando perfezione e
sapienza ad una manualità abilmente destreggiata.
Tenaglie ad impugnatura lunga
per
girare il ferro nella fucina ed altre di foggia diversa per
reggerlo arroventato sopra l’incudine mentre i
martelli di padre e figlio ritmano una sinfonia d’altri
tempi, sono tutte a portata di mano, ordinatamente
accavallate sopra un sostegno orizzontale in attesa di un
prossimo uso.
Vedere il cavaliere seduto nel suo studio ove traccia
disegni e schizzi di qualsiasi cosa gli passa per la
testa, si ha l’impressione di essere sottoposti ad esami
universitari. Alle sue spalle diplomi e riconoscimenti
internazionali che lo rendono a buon diritto professore,
divulgatore e ultimo cantore innamorato dell’arte del ferro
battuto.
Guerrino Mattei
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