FactaNet
diretto
da Guerrino Mattei
arte
ROMA - GALLERIA
BORGHESE
Modernità e classicità a confronto
Giacometti. La scultura
Catalogo Skira
5 febbraio – 25
maggio 2014
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La Villa Pinciana a Roma,
nobile scenario di immensi capolavori d’arte, è
soprattutto il luogo della scultura, grazie alla
presenza nella collezione di sommi esempi dell’epoca
greca e romana, del Rinascimento, del Barocco e del
Neoclassicismo.
La meta di questo viaggio
attraverso i secoli è l’interpretazione statuaria della
figura umana nel XX secolo, che si concretizza nell’arte
di uno dei più grandi del ‘900: Alberto Giacometti.
All’interno delle sale della Galleria Borghese, diretta
da Anna Coliva, organizzata e prodotta da Arthemisia
Group, si è aperta (5 febbraio – 25 maggio 2014) la
mostra “Giacometti. La Scultura” con lo scopo di
“raccontare la tragicità della scultura moderna a
confronto con la classicità del passato”.
La poetica dell’artista,
fortemente emblematica in un secolo che vede grandi
sconvolgimenti politici e culturali, attraverso la
scelta delle opere selezionate dai curatori Anna Coliva
e Christian Klemm, racconta di come muta la visione
degli artisti nel confrontarsi con la raffigurazione
dell’essere umano.
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Alberto Giacometti (Borgonovo
di Stampa1901
- Coira
1966)
è stato
scultore,
pittore e
stampatore
svizzero.
Dopo aver frequentato la Scuola di arti e di mestieri di
Ginevra
nel
1919,
si iscrisse a
Parigi
ai corsi di scultura di
Émile-Antoine Bourdelle, all'Accademia
della Grande Chaumière nel
1922.
Disparate esperienze culturali orientarono in direzioni
diverse la sua operatività di questi anni. Lo testimoniano i
suoi disegni, caratterizzati dalla frantumazione cubista,
analitica, di ogni dettaglio, e sculture. Ne sono esempi
Torso del
1925,
e Donna cucchiaio (al
Kunsthaus
di Zurigo) che, sulla base di un lavoro di
memoria, intendono portare alla luce l'essenza concettuale
delle cose.
La restrospettiva dunque è
un’ulteriore occasione “per raccontare l’artista -
visionario, onirico e surrealista, fautore di un segno
indelebile nell’arte - e soprattutto far vedere la sua opera
in dialogo con i capolavori della Galleria”.
Le forme sinuose e bianche della
Femme couchée qui rêve (1929) in cui si scorgono
quelle della Paolina di Canova (1805/1808), il cui volto è
riflesso, sull’altro lato, nella Tête qui regarde
(1928); il passo pesante dell’Homme qui marche
(1947), in cui risuona l’eco di quello affaticato di Enea
sotto il peso di Anchise (1619); la Femme qui marche
(1932/1936), nera e misteriosa come le sfingi di basalto
della Sala egizia; l’equilibrio instabile dell’ Homme qui
chavire (1950), fuori asse e pronto a perdere
l’equilibrio come il David di Bernini (1623/1624), ben
familiarizzano con l'arte dei secoli passati.
Nel Salone della Galleria è stata
ricostruita la Chase Manhattan Plaza con le opere
dello scultore, quali Donna in piedi I (1960),
Grande donna II (1960), Uomo che cammina I
(1960). Questa scenografia riunisce non solo i tre temi più
importanti della sua produzione matura, ma anche i diversi
aspetti delle precedenti composizioni quali La Place
e La Foret. Le figurine minuscole create da
Giacometti durante la guerra per rendere l’impressione della
persona vista da grande distanza ora si trasformano in
figure a grandezza maggiore del naturale.
Le
40 opere esposte, bronzi, gessi e disegni, innescano nel
contesto della Galleria l’energia bruciante dell’arte dello
scultore dalle lunghe silhouette, che indaga la profondità
vitale dei soggetti, scavandone l’anima fino a “ridurre
all’osso” la figura umana: questa la tragica modernità
trasmessa al riguardante che percepirà che le opere
giacomettiane creano attorno a loro l’alone volumetrico di
una drammatica cornice immateriale, invisibile ma
sensibile, ancora tutto da descrivere e meditare.
Guerrino Mattei
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