Gli autori sono due valenti karateki che hanno fatto di
questa disciplina sportiva il loro motivo di vita, sia
fisica che spirituale. Chi ha assistito a questi incontri
cortesi, dall’aristocraticità cavalleresca, si sarà accorto
che alcuni gesti sono atti di preghiera in annunciata
meditazione. La staticità imposta al corpo, con posizioni
spesso impensabili, per liberare slanci repentini che
frenano il colpo a pochi millimetri dall’avversario, appare
come una veglia, una pausa d’attesa, per la purificazione
nell’attacco, nel mettere l’avversario di fronte ad
un’energia sprigionata ma non distruttiva.
C’è da domandarsi come l’atleta risponderebbe alla
provocazione minacciosa di un danno imminente, davanti ad
una necessità fisica, di difesa personale.
Crediamo che questo sport dia soprattutto la padronanza dei
propri mezzi e che induca l’atleta consapevole a far
prevalere sempre il buon senso, prima ancora della difesa o
dell’attacco. Un karateka per sua natura è un mite. Nel
movimento del corpo, sempre rapido e armonioso, è insito
anche uno spirito libero scevro da ogni gratuita ostilità.
I due maestri li abbiamo visti combattere e francamente la
cintura nera di De Luca al VII dan e quella di Comparelli al
VI dan incutono terrore già vedendole strette intorno alla
vita dei due, sperando sempre di incontrarli ed
applaudirli in palestra o al caffè comodamente seduti.
Eppure sono due persone amabili, serene, che infondono nei
loro allievi serietà e amore per quello che fanno. Il loro è
un compito soprattutto formativo, anche verso quei giovani che
potrebbero essere attratti dal karate per difesa personale,
credendo che tutto sia facile come ciò che parte dalla
violenza. Frequentando questa disciplina ci si accorge che è
uno sport gioioso, a volte anche buffo per le coreografie
che il combattimento crea, con movimenti d’anca più
confacenti alle donne che ai maschi.
Chi rimane con loro, e sono tanti, sanno che ogni attacco è
soltanto scenograficamente gestuato. Tutto è conoscenza
spirituale, voglia di liberare la propria energia per
annullare spesso quella partecipazione della materialità
che oggi, a partire dagli stadi per finire nelle strade, è
quotidianità, per alcuni norma di vita.
Wadoryu Karate-Do Kata si legge tutto d’un fiato e fra le
sue annunciazioni, chiare e ampiamente spiegate, si può
trovare lo stimolo ad educare oltre al fisico anche lo
spirito. Tutto questo nel karate sarà così, per dirla con un
verso foscoliano, “finché il tempo regnerà sulle sciagure
umane”.
Guerrino Mattei
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