La sera dell’11 novembre Villa Molin è
avvolta da un tricolore di luce. Nella sala,
dopo i saluti di benvenuto del sindaco
Tiziana Virgili, vengono annunciati gli
ospiti della contessa Cecilia: Antonio
Fortunato Oroboni, Angelo Gambato, Antonio
Francesco Villa, don Marco Fortini, Giovanni
Monti, Antonio e Carlo Poli, Giacomo,
Federico e Sebastiano Monti, Domenico e
Antonio Davì, Vincenzo Zerbini, Domenico
Grindati, che prendono posto al tavolo in
fondo. Assistiamo alla loro conversazione
assaporando i piatti che rivisitano le
antiche ricette della tradizione: cacimperio
con focaccia alla fratteggiana, caciottina
di mucca con miele dei prati del fiume
Scortico, cappellacci de zuche con il butìro,
bondola di carne della Fratta, faraona
arrosto con salsa alla Marengo, innaffiati
dal Fior d’Arancio dei Colli Euganei.
Improvvisamente dalla loggia irrompono i
gendarmi, neri avvoltoi intabarrati che
mettono in catene la nobildonna e gli
ospiti. Inizia il processo per alto
tradimento con la condanna al carcere duro e
l’umiliante sconsacrazione ad opera del
Patriarca di Venezia di don Marco Fratini,
nella piccola cappella attigua.
Le “giornate carbonare” prevedono vari
momenti evocativi, legati anche alla festa
di San Martino, che richiamano numerosi
visitatori, coinvolgendo l’intera comunità
di Fratta con decine di figuranti.
Il mattino successivo sotto il pronao
affrescato da Giallo Fiorentino della
“Badoera” si viene accolti da Lucetta,
moglie del magnifico signor Francesco
Badoero che la commissionò a Palladio nel
1554. La signora, guidandoci tra i soggetti
allegorici e mitologici delle sale e poi
nelle cucine al pian terreno, ci proietta in
un viaggio a ritroso tra le nobili famiglie
succedutesi nella villa, fino alla Provincia
di Rovigo, attuale proprietaria.
Le carrozze a cavallo ci attendono per
condurci lungo le vie cittadine contornate
da austeri villini. Sulla piazza,
giocolieri, carri carichi di masserizie,
contadini, borghesi, aristocratici, gendarmi
austriaci che fanno le esercitazioni. A un
tratto, tra il popolo serpeggia un fremito,
le guardie attaccate da lanci di ortaggi
arrestano i cospiratori che diffondono
volantini.
La rievocazione dei moti carbonari nella
“Fratta austriaca” del 1818 e la loro
repressione, prodromi del riscatto dalla
dominazione straniera, oltre che evento di
forte richiamo turistico, rappresenta un
tributo alla storia risorgimentale e agli
ideali che hanno sostenuto il concetto di
Patria, da trasmettere alle giovani
generazioni con un percorso
storico-didattico lungo le dimore storiche
dei carbonari, sostiene il sindaco di
Fratta.
La lapide commemorativa sul muro di cinta
della Villa Grimani Molin recita: “Per avere
soltanto agognato un’Italia libera, unita ed
indipendente, i Carbonari di Fratta
convocati a banchetto in questa villa l’11
novembre 1818, su ordine dell’occupante
governo austriaco arrestati e condannati per
alto tradimento, patirono lunghi anni di
carcere duro nelle orrende fortezze dello
Spielberg e di Lubiana”.
Un secolo dopo Giacomo Matteotti, la cui
abitazione occhieggia dagli alberi oltre la
piazza, nutrito degli stessi ideali
patriottici, contrastò la matrice
autoritaria e illiberale del fascismo
denunciando in Parlamento nel 1924 i brogli
elettorali. Rapito e ucciso il 10 giugno, il
suo corpo venne ritrovato nella campagna
romana il successivo 16 agosto.
Tania Turnaturi
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