Abbiamo visitato il cantiere accompagnati da Barbareschi che
con legittimo entusiasmo illustra tempi, modi e costi
guidando i giornalisti in un vorticoso slalom tra
palcoscenici, camerini, corridoi, scale e poltroncine
accatastate: “Io porto sempre a termine quello che annuncio.
Ho riassunto il 70% dei lavoratori, ma nei ruoli chiave ho
posto persone di mia fiducia. Intanto confidiamo che agli
attuali 2000 abbonati se ne aggiungano altri che ci diano
fiducia”.
Lo spettacolo “Una tigre del Bengala allo zoo di Baghdad” di
Joseph Rajiv il 29 settembre, che vedrà in scena l’attore,
sarà una grande festa di inaugurazione in cui saliranno sul
palcoscenico, oltre agli interpreti, 85 persone tra sponsor
e maestranze che hanno lavorato ininterrottamente dal 30
aprile.
Placate le polemiche con la famiglia Monaci, il grande
lampadario di cristallo tornerà a illuminare il foyer.
Il progetto dei due teatri, Eliseo e Piccolo, è stato curato
dall’arch. Cecilia Montalbotti e prevede anche la sala
ristorante Gastone, in collaborazione con Moma, su due
livelli col pavimento vetrificato sulle locandine storiche,
che servirà pasti senza glutine “perché anche il cibo è
cultura”, prima degli spettacoli che inizieranno alle 20:
“Le persone che si alzano presto non possono fare notte. A
Roma serve uno spazio laico (privo di nomine politiche)
polifunzionale come un Beaubourg, che sovverta il concetto
tradizionale di teatro, aperto dalle 9 di mattina per
ospitare mostre ed eventi, concerti domenicali di musica da
camera al Piccolo e sinfonica al Conservatorio di Santa
Cecilia e varie iniziative tra cui il Festival della Poesia
e la digitalizzazione dell’archivio storico, attivando
convenzioni con Federalberghi, la Treccani, il Fai, il
Gemelli, l’archeologo Carandini. Con Multimedia Eliseo
collaboriamo con 50 persone, tra cui Claudio Fava”.
In questa avventura che definisce la più complicata della
sua vita, ha avuto il sostegno di alcuni sponsor con 700.000
euro e il contributo del Ministero di 400.000: “D’altronde
ciascuno deve impegnarsi a fare quello che sa fare meglio e
io faccio quello che so fare senza l’ambizione di far
apparire il mio nome nemmeno sui programmi di sala perché
questa è l’avventura dell’Eliseo, non di Barbareschi. Mi
auguro che qualche attore ricco scelga di fare
l’imprenditore adottando un teatro, invito ad investire, non
temo i competitor. Renzi, che vuol fare il tour dei 100
teatri, venga anche da noi”.
Il direttore artistico e gestore per i prossimi 18 anni
conclude la visita dichiarando “Si tratta di una factory
italiana con cui voglio restituire a Roma quello che ho
avuto; io nato in Uruguay da madre ebraica e padre di
origini marocchine rappresento la mescolanza culturale.
Salire sul palco del Teatro Valle e invocare la rivoluzione
è facile, mettere mano al portafoglio meno, ma è questa la
vera rivoluzione. Quando si vuole le cose si fanno e si
alimenta la fiducia nel Paese”.
Tania Turnaturi
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