Con LEO, il genio di Leonardo da Vinci rivive nella sua luminosa genesi attraverso un suggestivo viaggio nella memoria e nella creatività, che si realizza ripercorrendo in scena le tracce vivaci e imprevedibili seguite nell’infanzia. Siamo nel 1571 alla corte del Re di Francia, nel castello do Close – Lucè, dove Leonardo, pittore, architetto e ingegnere, è ormai avanti negli anni. In procinto di svelare un importante segreto, si chiude in se stesso, nelle sue meditazioni, e smette di parlare. Più di un medico pensa che il genio di Vinci sembra essere tornato bambino e che solo i suoi amici potrebbero aiutarlo a tornare in sé. Per risolvere il problema, il Re di Francia invita a corte Lisa, il primo tenero amore dell’infanzia, e Maso, vecchio amico e sodale nonché collaudatore di tutte le macchine leonardesche. Cosa gli si chiede? Di esplorare la memoria del geniale inventore e scoprire il segreto dei segreti di cui si è dichiarato in possesso ma che, a causa della sua vecchiezza, sembra non essere in grado di rivelare. Ed infatti, i due amici arrivano a corte per rimettere ordine nei ricordi della loro infanzia, ma soprattutto per recuperare la gioia della scoperta e dell’esplorazione, per sistemare invenzioni e progetti di Leonardo, per rinnovare e far rivivere l’affetto che li ha legati.
Introdotti nella camera studio di Leonardo, dove questi giace anziano e malato, Lisa e Maso vedono un imponente e suggestivo armadio di legno, ricco di cassetti, sportelli, profondità segrete: metafora e rappresentazione della memoria leonardesca, che mescola razionalità a emozioni, intuizioni a stati d’animo, studio e vita vissuta. L’armadio-memoria, che campeggia sulla scena, nasconde e rivela macchine, giochi e desideri oltre che le tappe che hanno segnato la vita di Leo fino ai quattordici anni, quando lasciò Vinci per andare a Firenze. Ma i due amici, avendo capito che con Leo c’è poco da fare e che anche quando proferisce qualche rara parola questa è sconnessa e infantile, decidono di cercare il segreto, stando attenti a non farsi sorprendere dallo strano servitore. Purtroppo nessuno di quei cassetti e sportelli si apre e non ci sono chiavistelli: sicuramente una diavoleria del loro vecchio amico sottintende all’apertura di quell’armadio. Intanto, Leonardo si rigira nel letto e la sagoma del suo corpo lentamente si affloscia fino a scomparire e da sotto il letto ne esce fuori un bambino: Leo stesso, tornato bambino che, con aria misteriosa, comincia ad aprire stipi e offrire oggetti.
Leo invita gli amici a ripercorrere la lunga serie di invenzioni ed esperimenti usando pennelli, cartone, matite e tinta. Lisa è pronta a seguirlo, mentre Maso rimane perplesso. Nessuno di loro è più un bambino e Maso fa fatica e tornare alla naturalezza del gioco come faceva con Leo quando erano piccoli. Ma la potenza della memoria gioiosa ha la meglio anche su di lui. Nel ricomporre la memoria, affiorano teneri ricordi, come quello della mamma che Leo non ha mai conosciuto davvero, ma anche l’allegria dell’avere amici come Lisa e Maso, la forza dirompente della curiosità di Leo bambino, l’entusiasmo di conoscere il mondo. I tre riprendono il filo della memoria e del gioco per tornare a riordinare i tanti progetti, le tante idee di Leonardo, le tante emozioni, finché Leo (e Lisa e Maso con lui) arriverà a ritrovare il se stesso bambino, la naturale genialità dell’infanzia, la voglia di far domande, la curiosità che temeva di aver perso.
Così, Leo e i suoi amici attraversano, tra emozionanti rivelazioni ed euforiche riscoperte di macchine e marchingegni, l’ultimo anno passato a Vinci, componendo una insolita biografia del genio di Vinci, oltre che un percorso vivace e inatteso che rivelerà nell’emozionante epilogo il “segreto di tutte le cose”.
Redazione