Un turismo, quindi, che non si indirizzi verso esigenze di
massa consumate sull’onda della velocità, ma che, invece,
riscopra riti antichi ancorati alla territorialità in una
permanenza atemporale che racconta di miti, leggende, valori
ancestrali, tradizioni rurali.
La pastorizia, attività che ha qualificato per secoli
l’economia dell’entroterra, si sostanzia nel rito della
migrazione degli animali lungo i tratturi e i sentieri,
antica rete viaria di comunicazione e scambio tra comunità
rurali, dipanando quel tessuto sociale e culturale che
rappresenta l’identità di un luogo.
Per promuovere il territorio montano della provincia,
“Aspettando il Festival dell’Appennino” il 3 e 4 maggio ha
proposto la 3ª edizione della “Transumanza” come occasione
esperienziale di grande impatto percettivo.
Da Arena di Roccafluvione sui monti Sibillini, il gregge
dell’Azienda Agricola Giuseppe Monti con 400 pecore, 45
bovini, 50 cavalli coi butteri inizia il suo percorso verso
i pascoli d’altura, dove sosteranno per tutta la stagione
estiva all’ombra del monte Vettore. La sera si fa sosta a
Polverina frazione di Comunanza a oltre 400 m d’altitudine,
il giorno successivo si sale fino ai 900 m di Balzo di
Montegallo, dopo aver percorso una ventina di chilometri,
sotto la guida dei pastori e dei cani maremmani.
Chi vuole vivere l’esperienza emotivamente segue il gregge
in carovana con zaino e scarponi, adeguandosi ai tempi delle
pecore che brucano, allattano gli agnellini, si smarriscono
sulle balze e bisogna cercarle per ricondurle sul sentiero.
Nello stazzo allestito a Polverina, un paiolo fumante di
penne all’arrabbiata e panini con salsiccia rifocillano
dalle fatiche.
Non c’è tempo da perdere! Bisogna mungere, tosare, preparare
il formaggio, domare i cavalli, cuocere il maialetto allo
spiedo. Unica concessione alla modernità, la proiezione del
documentario “A passo d’uomo tra i pastori” realizzato
dall’Associazione Marsia 360°, nella chiesetta in cima alla
spianata.
La cena col tradizionale piatto della “pecora ‘ngallara” è
allietata dai suonatori d’organetto che rievocano la
tradizione musicale marchigiana con stornelli, tarantelle,
tammuriate, saltarelli, per concludere in allegria la “notte
del pastore”.
La mattina successiva l’eco del mito della Sibilla
Appenninica ci conduce a Montemonaco, sul pianoro
prospicente il monte che prende il nome dalla sua
leggendaria abitatrice, immerso nella folta vegetazione del
parco. A Villa Curi il Museo della Sibilla proietta nel
fascino di un passato magico e leggendario che emerge dagli
antichi libri, dalle pergamene, dai reperti storici e
archeologici, testimoni della
strettissima relazione tra il tessuto paesaggistico e
urbanistico e la tradizione letteraria e mitologica.
Con “Eden Piceno” il 10 e l’11 si è disvelata la ricchezza
di specie officinali e acque termali di cui è disseminata la
terra ascolana, che hanno favorito lo sviluppo di laboratori
alchemici e l’affermarsi della medicina popolare: il
giardino delle meraviglie, l’Eden. Sulla scia del botanico
Antonio Orsini, autentico ‘genius loci’ si è visitata ad
Ascoli la Cartiera Papale sede del museo che gli è stato
dedicato, la villa del conte Sacconi di cui realizzò il
parco, fino al monastero Valledacqua di Acquasanta Terme il
cui laboratorio custodisce i segreti dell’arte fitoterapica
dei monaci camaldolesi.
Abbondante raccolta di erbe spontanee nelle bioescursioni,
pranzi alle erbe e, per un tuffo negli aromi delle antiche
spezie, d’obbligo assaggiare lo sciroppo alla violetta.
Tania Turnaturi
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